Non conoscevo “la rete” prima di accedere a Youtube, grazie al blog di Beppe Grillo. E non sapevo neppure di quella sorprendente realtà che si muove attorno a questo fenomeno di comunicazione di massa rappresentato dai post del Nostro (e dai commenti delle migliaia di affezionati lettori-autori) che da oltre venticinque anni si spende per aprire gli occhi del popolo di “coglioni” che, secondo l'amabile definizione del Cavaliere, costituiscono l' "altra" metà dell’elettorato italiano.Confesso di aver fatto parte di quel popolo di "coglioni", fintanto che ho creduto, tra gli altri prefabbricati ad usum coleus, nel teorema della stampa libera, già distratto lettore del gigionesco CORRIERE DELLA SERA, del combattivo e polemico LA REPUBBLICA, di LIBERO, mio punto di riferimento, quest'ultimo, di tutte le plausibili opinioni di natura sociopolitica del mio Paese.
Seguivo Beppe Grillo perché mi divertiva la sua satira, di cui non coglievo però la tragica essenza della denuncia, intuendola appena e posteggiandola alla periferia della mia inerte coscienza civile, già affollata di domande senza risposta, di propositi ondivaghi e privi di energia progettuale.
Vagamente consapevole mi assolvevo, leggendo e mutuando rassegnato il loro pessimismo di fondo, Montanelli, Biagi e, prima ancora, Ricciardetto (alias Augusto Guerriero), Missiroli e tanti altri, che mi nutrirono di idee, di occasioni per riflettere, di crescere senza acritica omologazione.
Come tanti avevo i miei generici e deboli convincimenti in fatto di pseudodottrine politiche e sociali e simpatizzavo, in chiave liberal, con la “Casa della Libertà”, senza stravedere per nessuno di quei leader politici, concedendomi una vaga preferenza per Berlusconi, che giudicavo tout court il meno peggio perchè nuovo e perseguitato dalle “toghe rosse” e dai comunisti.
I miei riferimenti “culturali” erano, ultimamente, “Porta a Porta” di Bruno Vespa, che mi stava sul cavolo perché andava in onda troppo tardi (sic!), “Ottoemezzo” di Giuliano Ferrara, che, ammetto, ho seguito e seguo con molta attenzione, “Ballarò” di Giovanni Floris che, schierato a sinistra come palesava con poco tatto, mi provocava torsioni viscerali. Parafrasando Enzo Biagi affermo che ero “un poco” plagiato, il classico uomo qualunque, teledipendente-allineato.
Con il blog di Beppe Grillo, che iniziai a leggere in occasione del Vaffaday 2007, ho conosciuto Marco Travaglio, Piero Ricca, Rizzo, Stella, Massimo Fini, Guzzanti, Luttazzi e tante altre belle persone, intelligenti e solari, di cui avevo una periferica percezione senza averle però neanche virtualmente frequentate.
Con questa Gente ho finalmente sollevato il velo che opacizzava la mia visione di scena e retroscena delle “cose” italiane, ho compreso i meccanismi della degenerazione del sistema sociopolitico italiano, ho toccato con mano la trappola che imprigiona la coscienza civile del popolo italiano e non la fa proditoriamente crescere.
La trappola che impedisce il formarsi della consapevolezza critica che vieterebbe a certi maneggioni della politica di continuare, impuniti, ad alimentare i loro sporchi affari con il nostro denaro, con il denaro che ai più viene scippato con marchingegni fiscali oppressivi e militareschi (l'Italia è l'unico Paese dell'Occidente Industrializzato a disporre di un corpo militare per la prevenzione dei reati finanziari).
Adesso invece so! Forse é solo una minima parte, una sottile soglia che separa un detrito dall’altro di quella frana morale che mi ha imprigionato nella caverna, impedendomi di scorgere la verità, quella frana che ha seppellito la giustizia, soffocato la democrazia, assassinato Falcone e Borsellino e tanti altri martiri della società civile, narcotizzato il popolo italiano, continuamente rapinato dei suoi diritti costituzionali.
So!, e da quella soglia di luce intravedo la trama di una rete di perverse relazioni intessute dalla classe dirigente, la Casta, che proprio con quella fitta rete confina l’opinione pubblica in una sorta di zoo, dove sparge, per sedarla, noccioline, banane e narcotizzanti, ritagliandosi, al sicuro, per ogni categoria, prebende, agi, mollezze, garanzie, protezioni, privilegi.
Insomma, due Reti. La prima (in ordine casuale), la Rete Web con la quale, secondo la classificazione del poco noto “giornalista” free lance Filippo Facci, il popolo rozzo, incolto, invidioso, frustrato, incapace, “cellularista” scambia le proprie opinioni, istigato dal populista demagogo neomasaniellano Beppe Grillo e dai suoi accoliti, tutti appartenenti alla loggia CASALEGGIO ASSOCIATI, epigona della P2, in combutta con i servizi segreti di tutto il mondo uniti nello spirito e nella mission, che è quella di distruggere il Bel Paese per antonomasia.
La seconda, la Rete Multimediale, costituita da radio e televisione pubbliche, giornali di partito e “liberi” (di cui si onora di far parte il Facci Filippo), istituzioni e istituti pubblici di ogni genere, mestatori e faccendieri, chierici vaganti e loro chierichetti, tutti nutriti però dalle risorse del popolo rozzo, incolto, invidioso, frustrato, incapace, “cellularista”, che ama Grillo e non Vespa, Fede o Ferrara, coristi di regime.
Facci Filippo: non lo conoscevo. L’ho conosciuto con Youtube, con Internet e il suo dileggiato popolo. Lavora per uno dei più discussi quotidiani della stampa italiana, quotidiano che ha seppellito, in una ignota fossa comune, quel barlume di gloria che gli era rimasto per essere stato fondato e guidato per venti anni dal grande e indimenticabile maestro del giornalismo libero Indro Montanelli. Fa parte della costellazione editoriale di Berlusconi e lo si può considerare l’organo ufficiale di Forza Italia S.p.A.
Filippo Facci è quindi una vocina insignificante dell’imponente coro dei cantori di Arcore che ogni giorno, al levare del sole, intona “Azzurra Libertà” per ringraziare Sua Altissima Emittenza, Signore di tutte le Televisioni e della Stampa “Libera” quotidiana e periodica e dei destini di almeno trentamila famiglie.
Nondimeno Filippo Facci vive di gloria riflessa e quindi ha una certa visibilità che da buon chierico utilizza provocatoriamente nel suo ruolo di “ominicchio-contro”, quando ospite di Mentana o Bruno Vespa o altro plaudente conduttore.
Facci non è uno stupido, e fa specie vedere un uomo intelligente, capace di notevoli spunti di riflessioni, perdersi in polemiche, per lui disonorevoli, nel tentativo di incrementare il suo gradiente di notorietà. Perché questo è l’effimero premio per chi, obtorto collo, cavalca comunque contro per ordine di scuderia. E’ fin troppo facile, se ben pagati, prendere le parti di mascalzoni latitanti definendoli eroi della patria, aggredire onorati servitori dello stato attribuendogli responsabilità che non hanno, denigrare persone che non hanno avuto la fortuna di acculturarsi e che dispongono, quindi, di un lessico limitato.
Però le persone che Facci denigra sono quelle che pagano le tasse con le quali i corifei di regime finanziano il giornale dove lui lavora, il partito che lui serve, le televisioni teatro delle sue sceneggiate.
Lui vorrebbe, udite udite udite, che queste si limitassero “intelligentemente” a dire: rubate, rubate pure, ma almeno governateci bene!
So!, e da quella soglia di luce intravedo la trama di una rete di perverse relazioni intessute dalla classe dirigente, la Casta, che proprio con quella fitta rete confina l’opinione pubblica in una sorta di zoo, dove sparge, per sedarla, noccioline, banane e narcotizzanti, ritagliandosi, al sicuro, per ogni categoria, prebende, agi, mollezze, garanzie, protezioni, privilegi.
Insomma, due Reti. La prima (in ordine casuale), la Rete Web con la quale, secondo la classificazione del poco noto “giornalista” free lance Filippo Facci, il popolo rozzo, incolto, invidioso, frustrato, incapace, “cellularista” scambia le proprie opinioni, istigato dal populista demagogo neomasaniellano Beppe Grillo e dai suoi accoliti, tutti appartenenti alla loggia CASALEGGIO ASSOCIATI, epigona della P2, in combutta con i servizi segreti di tutto il mondo uniti nello spirito e nella mission, che è quella di distruggere il Bel Paese per antonomasia.
La seconda, la Rete Multimediale, costituita da radio e televisione pubbliche, giornali di partito e “liberi” (di cui si onora di far parte il Facci Filippo), istituzioni e istituti pubblici di ogni genere, mestatori e faccendieri, chierici vaganti e loro chierichetti, tutti nutriti però dalle risorse del popolo rozzo, incolto, invidioso, frustrato, incapace, “cellularista”, che ama Grillo e non Vespa, Fede o Ferrara, coristi di regime.
Facci Filippo: non lo conoscevo. L’ho conosciuto con Youtube, con Internet e il suo dileggiato popolo. Lavora per uno dei più discussi quotidiani della stampa italiana, quotidiano che ha seppellito, in una ignota fossa comune, quel barlume di gloria che gli era rimasto per essere stato fondato e guidato per venti anni dal grande e indimenticabile maestro del giornalismo libero Indro Montanelli. Fa parte della costellazione editoriale di Berlusconi e lo si può considerare l’organo ufficiale di Forza Italia S.p.A.
Filippo Facci è quindi una vocina insignificante dell’imponente coro dei cantori di Arcore che ogni giorno, al levare del sole, intona “Azzurra Libertà” per ringraziare Sua Altissima Emittenza, Signore di tutte le Televisioni e della Stampa “Libera” quotidiana e periodica e dei destini di almeno trentamila famiglie.
Nondimeno Filippo Facci vive di gloria riflessa e quindi ha una certa visibilità che da buon chierico utilizza provocatoriamente nel suo ruolo di “ominicchio-contro”, quando ospite di Mentana o Bruno Vespa o altro plaudente conduttore.
Facci non è uno stupido, e fa specie vedere un uomo intelligente, capace di notevoli spunti di riflessioni, perdersi in polemiche, per lui disonorevoli, nel tentativo di incrementare il suo gradiente di notorietà. Perché questo è l’effimero premio per chi, obtorto collo, cavalca comunque contro per ordine di scuderia. E’ fin troppo facile, se ben pagati, prendere le parti di mascalzoni latitanti definendoli eroi della patria, aggredire onorati servitori dello stato attribuendogli responsabilità che non hanno, denigrare persone che non hanno avuto la fortuna di acculturarsi e che dispongono, quindi, di un lessico limitato.
Però le persone che Facci denigra sono quelle che pagano le tasse con le quali i corifei di regime finanziano il giornale dove lui lavora, il partito che lui serve, le televisioni teatro delle sue sceneggiate.
Lui vorrebbe, udite udite udite, che queste si limitassero “intelligentemente” a dire: rubate, rubate pure, ma almeno governateci bene!
No!, caro Facci, noi, popolo di Internet, amici del Grillo, pretendiamo che quella gente non rubi più e ci governi bene. Sennò vadano a farsi fottere altrove!
E quelle persone, di cui mi onoro farne parte, io modesto giullare di strada come loro senza corte e senza padroni, useranno il linguaggio crudo e benedetto dalla povera gente che quando ti vuole mandare a fare in culo ti dice semplicemente “vaf-fan-culo”, senza pretese semeiotiche e linguistiche, senza raccontarti barzellette per apparirti, mentre ti paga poco, simpaticone come fà il tuo padrone!
Vuoi sapere quando? Il 25 Aprile 2008 giorno commemorativo della liberazione dai mascalzoni del MINCULPOP, tuoi ispiratori, che sopravissuti e mimetizzati da partigiani hanno inventato la Legge 8 febbraio 1948, n. 47 (stampa), la Legge 3 febbraio 1963 n. 69 (ordine dei giornalisti) e la Legge 416 del 5 agosto 1981(finanziamento dell’editoria), le leggi neofasciste che di fatto sopprimono la libertà di parola e legalizzano il furto del denaro dei contribuenti per regalarlo ai pingui editori che "chiagnono e fottono" sempre ( un miliardo di euro l'anno, mille comode case popolari l'anno ). Ad maiora, caro Facci, al V2!
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